Apprendista passa a tempo indeterminato. Una soddisfazione che condivido con i lettori. Non capita spesso una bella cosa e se succede: evviva!

Un apprendista, mio studente, mi racconta del suo lavoro. Nel dettaglio, con un contratto da 3 anni avrebbe dovuto lavorare 8 ore al giorno. In realtà ne ha fatte 11 ogni giorno da 10 mesi. Il tutto è documentato con cartellino presenza timbrato e valido ogni mese. La domanda che mi pone lo studente è semplice: è giusto? Non nascondo il mio imbarazzo. Anche perché la domanda è pubblica e posta di fronte a un’intera classe d’apprendisti che attende la mia risposta.

La soluzione che ho adottato è stata quella più soft. Anzichè criticare l’azienda, ho espresso un mio punto di vista. Ho detto che “certamente è in corso un errore da far presente all’impresa“. Educando l’apprendista al massimo rispetto possibile e formalità, l’ho inviato a chiedere un colloquio con l’ufficio del personale. Dieci giorni dopo la lezione così affrontata, l’apprendista ha seguito le mie istruzioni.

La conclusione è che il ragazzo è stato passato dal contratto d’apprendistato a tempo indeterminato. L’accordo prevede che il dipendente non rivendichi il denaro che ha guadagnato, ma non gli è stato liquidato. Questo dettaglio francamente non l’ho apprezzato, ma non me la sento di dire nulla. La mia posizione NON è favore del ragazzo o dell’azienda. NO! io sono a favore della civiltà del lavoro. Con questa mentalità cerco la più alta produttività possibile per il benessere di tutti.

Il concetto è semplice. In azienda vanno trattate bene le persone. Anzi i dipendenti vanno trasformati nella “propria gente”. Per questo ci sono le relazioni umane. In forza del patto stabilito, le maestranze fanno del futuro e della forza dell’impresa, un loro impegno. Semplice vero?

Ovviamente non funziona tutto automaticamente. Serve una cultura d’impresa per abbattere i costi del personale e di gestione. Infatti serve una cultura del datore del lavoro e una cultura per le maestranze. Questo è quello in cui credo e applico. Una contrazione delle spese di gestione e del personale del 11-12 o anche 13% spesso fa la differenza tra restare sul mercato o chiudere.