Docenza universitaria ottusa!

Quanto sono ottusi e limitati gli attuali docenti universitari tradendo quella missione che dovrebbero svolgere nell’approfondire il pensiero e la qualità delle idee! 

Docenza universitaria: mamma mia che squallore. Certamente ci sono molti docenti universitari di valore e pregio (grazie a Dio) che conosco e apprezzo, ricordandoli ogni giorno. Anzi si tratta di figure di spicco che mi hanno formato nella vita, tanto che proseguo a studiare ancora e ancora e così farò per tutta la vita. Come studente in un permanente circuito formativo, non posso che essere grato a quei 12-15 docenti universitari che ho conosciuto negli oltre 80 esami che ho sostenuto in ambito accademico. Già nelle parole si tradisce un’ordine di grandezza: 80 a 15.

Di cosa mi lamento? della prosopopea e dell’arroganza (ignoranza) così diffusa nella docenza universitaria, in particolare lamento l’assenza di qualsiasi tentativo per lenire questa piaga culturale e sociale. I presidi di facoltà non sono affatto sensibili alla necessità di spuntare quei comportamenti “fuori dalle righe” che aggrava e sporca la docenza universitaria. 

Prendiamo un esempio a caso: il dottorato di ricerca. Emerge con chiarezza che chi si candida a un dottorato di ricerca, non è colui che potrebbe diventare ricercatore se formato, ma un soggetto che si presta a studiare quell’argomento ben specifico, già indirizzato dal direttore del dottorato. Mi spiego meglio. Un dottorato di ricerca in sociologia, non è per studiare la materia e imparare a fare ricerca sociale, ma solo per affrontare quel tema che la direzione del dottorato ricerca e vuole e non altri. Presentarsi con un progetto di ricerca in sociologia a un dottorato di ricerca per sociologia, che non sia congruo con gli interessi della direzione, significa essere scartati, non per la carenza del proprio progetto, ma per non essere orientati già all’inizio a quell’argomento specifico che si cerca. In pratica il dottorato di ricerca diventa un feudo monoculturale su un argomento specifico, indipendente dalla bontà o meno del progetto iniziale che il candidato offre in valutazione.

Infatti presentarsi all’Università Cattolica di Milano, al concorso per un dottorato di ricerca in sociologia, con un progetto di ricerca sulla sessualità di coppia, significa essere automaticamente bocciati, indipendentemente che la ricerca possa essere valida, utile e ben fatta.

Discutere presso l’Università Bicocca di Milano, al concorso per un dottorato di ricerca in sociologia, con un progetto sul dolore e le sue conseguenze nella vita affettiva (analisi mai svolta in nessuna università del mondo e che si chiamerebbe Pain Sociology se fosse considerata) significa essere automaticamente bocciati, indipendentemente che la ricerca possa essere valida, utile e ben fatta.

Non solo ma quando il docente si degna di risponde a qualche richiesta d’orientamento espressa dallo studente (è il caso di Torino e Padova avvenuti nello spazio dello stesso giorno) il tutto avviene con un’arroganza e fastidio, che meriterebbe il licenziamento in tronco del docente, non idoneo al ruolo di professore. Che peccato avere scarti della società in posizione di vertice, senza una politica di formazione della docenza universitaria che l’ateneo dovrebbe sviluppare e di cui è completamente a digiuno, vivendo nella già completa incoscienza. Università ignoranti con docenti pessimi: stiamo parlando di un mix d’arroganza micidiale per la cultura e l’avanzamento del progresso!

Ci sono soluzioni? potremo attenderci che le Università si possano dotare di spirito critico e di autocritica costruttiva in nome della scienza?