Due schiaffi alla giornalista RAI è meglio di uno. Approfondimento.

Due schiaffi alla giornalista RAI è certamente meglio di uno, perchè? Oltre a quanto già illustrato nel precedente articolo già pubblicato, sul noto e recente fatto accaduto in Meridione, ai danni di un’impertinente giornalista, ci sono altre considerazioni da sviluppare. I fatti si riferiscono a una giornalista della RAI che si è presentata, senza appuntamento, alla moglie di una persona condanna e in carcere per intervistarla. La Signora della persona in carcere non ha gradito e ha preso a schiaffi la giornalista. Tutto qui.

Nelle considerazioni di fondo alla vicenda, non basta sottolineare la confusione di cui è vittima il generico giornalista dell’ente pubblico di Stato con la figura del poliziotto. La Rai s’illude d’essere un organismo al servizio della collettività. In realtà la Rai è solo il bisogno del controllo sull’informazione da parte del Governo. Tutto qui. Di servizio pubblico non c’è nulla. Usando altri termini, possiamo anche chiamarla censura. Il partito di governo, con i soldi dei contribuenti, controlla la diffusione delle notizie.

Con questa chiave di lettura viene a cadere la presunzione di “servizio pubblico” che dovrebbe svolgere la RAI.

Relativamente alla tecnica d’intervista, da sviluppare verso l’intervistato, vanno fatte delle considerazioni di base. CHI NON VUOLE ESSERE INTERVISTATO E’ INUTILE INSISTERE! E’ un concetto così elementare, che spesso viene calpestato!

Venendo a decadere la presunzione di servizio pubblico, che si arroga la RAI e introducendo il concetto di rispetto verso l’intervistato, cambia il quadro di riferimento. Del resto è la stessa giornalista menata a dichiarare alla TV: ….la moglie del mafioso. E’ sufficiente quest’espressione per spiegare l’assenza di rispetto verso l’intervistato che porta a porre in dubbio la stessa intervista. Ciò non vuol dire essere “pappa e ciccia” con chi si intervista, ma neppure presentarsi prevenuti con pregiudizi. Mancando il rispetto e l’empatia, l’intervista è certamente compromessa sin dall’inizio.

Pur non concordando con l’intervistato, il giornalista, se desidera pubblicare il pezzo, deve essere professionale e cortese. Sopratutto aperto a un fatto umano che non deve condividere, ma capire per narrarlo! Si tratta di arte (professionalità) che spesso oggi manca in particolare alla RAI dove c’è la presunzione del servizio (obbligo) pubblico.