Globalizzazione e primo conflitto mondiale, apparentemente sono eventi così distanti che nessuno riesce a collegare. La realtà (come spesso accade) è diversa. Si può affermare che il primo conflitto rappresenti la culla del pensiero globalizzato e anche la sua fine come oggi stiamo vedendo.

Casualmente e piacevolmente, mi sono trovato con ben due studentesse di corsi diversi, a ragionare intorno al Primo conflitto e Globalizzazione nello spazio di pochi giorni. Ovviamente non posso che ringraziare le Signorine Giulia e Nadia per le innovative riflessioni qui sviluppate. Si tratta di concetti già pubblicati nei libri qui presentati.

La Prima guerra mondiale fu un conflitto ardentemente voluto dalle persone. Perché?

Tutto inizia con la Grande depressione del 1873. L’introduzione della meccanizzazione in agricoltura portò a cereali di basso costo in Europa. Provenienti dalla Russia, Argentina e Stati Uniti, questi beni di prima necessità stroncarono il mondo rurale contadino occidentale. Famiglie, che dal Medio Evo vivevano di terra, furono ridotte in povertà emigrando in città. E’ veramente il caso di dire: quando la povertà si trasforma in miseria. Il proletariato urbano nacque da contadini falliti sul piano economico. 

Il meccanismo fu semplice. Non potendo vendere i prodotti della terra nei mercati in città, causa il loro non competitivo costo, i contadini fallirono. Quindi non poterono riparare alle banche i prestiti ricevuti per le sementi e ciò comportò il pignoramento delle fattorie. L’esodo fu necessario.

Questa massa di nuovi poveri coltivò un astio non di poco conto verso la Società. Aggiungendo femministe e avanguardie politiche come culturali, si arrivò alla miscela esplosiva che VOLLE la guerra ricercando un nuovo e più giusto equilibrio sociale.

Proprio in quegli anni d’inizio 900 sia Durkheim, sia Weber, seppero individuare nella Società eventi contrastanti. Questi due studiosi sono i padri fondatori della Sociologia unitamente a Simmel e Tonnies. Per il primo, assoluto e stretto positivista, ci fu la sostituzione del senso religioso da arcaico a sociale. Quindi la sostituzione del concetto di Società al posto di Dio come mito. Le persone smisero di pensare a Dio come confronto e riferimento rivolgendosi alla Società Nazionale.

Weber, al contrario di Durkheim, conservò l’importanza della singola personalità nella costruzione sociale. Un pensiero approfondito contemporaneamente da Simmel e da Tonnies. In questa visione è l’individuo che forma la collettività anziché il contrario. Quindi anche uno studio sulla “moda” (Simmel) quale forma d’espressione umana e nel rapporto con la burocrazia (Weber). 

Questa profonda divaricazione tra diverse sensibilità è ancor oggi più che viva in Occidente. Abbiamo in Europa un pensiero logico-positivista (distaccato dalle gesta umane) e uno vicino alle persone (attualmente definito populista). Sono le 2 anime dell’Occidente, che non esistono in altre culture, da cui lo scontro culturale e la diversa visione sul fenomeno migratorio (ad esempio).

Il primo conflitto mondiale si viene così a identificare come spartiacque tra ere aprendo a quella del “rischio” dove trova posto la globalizzazione. Il rischio era prima sconosciuto nella cultura occidentale. Oggi il rischio è parte del vivere globalizzato! 

Concludendo, oggi la globalizzazione, fortunatamente in crisi, nasce dal bisogno di un nuovo ordine sociale di cui la 1° guerra mondiale si rese espressione. Si trattò di un fatto politico e sociale aprendo alla presenza individuale e personale del singolo uomo o donna nella storia umana. 

Va notato come nell’arte di quei decenni, in anticipi alla guerra mondiale, si affermò in forma eclatante il nudo, specie di donna. Fu un nudo d’arte che divenne presto nudismo. La nudità diventò in quell’epoca come oggi in ogni sito web e nelle coppie, espressione di personalità. Una persona vive se in grado di rappresentarsi e donarsi nuda. Prima di quell’evento storico che fu la Prima guerra mondiale, la nudità non fu mai presente nella storia dell’umanità se non per sola sessualità. Ora la nudità diventa espressione epidermica comunicativa. Si è nudi per essere presenti nella Storia: una rivoluzione! 

Quanto qui scritto rappresenta una serie di appunti da approfondire a lezione.

parkinson