Il marketing  in pillole, la seconda puntata. Metodo e criterio per imparare meglio e di più. Il marketing è ancora una procedura sconosciuta nelle PMI italiane. Ecco che qui si vuole aiutare le nostre aziende.

Il marketing in pillole di Giovanni Carlini – sociologo dei consumi e specialista di marketing

Il marketing in pillole alla prima puntata ha subito espresso un concetto importante. Un’impresa priva di un piano di marketing esprime solo uno scherzo sul mercato. Un’affermazione del genere intacca direttamente i costi di gestione e di struttura. Vuol dire che privi di un’idea d’azienda a 6,12 e 18 mesi, si lavora a costi più elevati.

Ovviamente un piano di marketing è parte di un piano industriale quindi di una visione più ampia dell’azienda. Nel documento di mkt si definisce la politica commerciale verso i clienti e i fornitori. In pratica quando e come fargli visita e soprattutto con quali argomenti. Entra nel piano la politica del personale: cosa devono credere le persone che lavorano in azienda. Completa il piano l’analisi finanziaria (l’insoluto è possibile gestirlo o va solo subito?). Infine la politica produttiva (cosa fare e come).  Le conclusioni: dove saremo fra 6 mesi?

Tutto ciò viene discusso, scritto e monitorato ogni 30 giorni. Ecco in cosa consiste un piano di marketing. Sempre nella prima puntata sono stati descritti i 10 passaggi di base del piano. Vediamo ora, una pre-condizione alla redazione del piano. L’azienda vuole usare un approccio con regole di marketing o di sociologia dei consumi? La differenza è abissale.

Con il marketing, l’imprenditore impone un prodotto o una certa gamma di scelte ai consumatori. Quindi determina le specifiche e il modello del bene. Per poter diffondere “il bisogno” di questo certo prodotto, l’imprenditore utilizza la pubblicità. Anche su questo bisogna stare attenti. La manovra pubblicitaria ha una sua stagione di lancio. Lanciare una campagna nel momento errato, significa buttare via un mare di soldi. E’ il caso di un imprenditore della provincia di Bolzano, a Salorno. L’uomo mi chiama con una domanda: perché ho speso 250.000 euro in pubblicità con un ritorno pari a zero?

Usare il marketing significa lanciare dal produttore al consumatore delle scelte di prodotto. Spesso c’è l’arroganza di spiegare al mercato che quel bene gli serve tanto da comprarlo.

Al contrario, la sociologia dei consumi è perfettamente all’opposto. L’azienda chiede allo specialista d’ascoltare dal mercato quali sono le necessità. Lo specialista riporta fedelmente in azienda cosa ha capito. Questo sulla base di un certo schema riepilogativo compatibile con gli assetti commerciali/produttivi dell’impresa.

Con la sociologia l’imprenditore realizza beni per una successione di nicchie. La sommatoria rende solitamente un fatturato superiore del 30-35% rispetto alla precedente politica di marketing. Illustrato in questa maniera, il problema di scelta appare piuttosto semplice. Va considerato che l’applicazione pratica ha il suo grado di complessità. Infatti  le imprese europee sono più legale al marketing. Al contrario le aziende anglosassone- scandinave si sono ormai spinte sulla sociologia dei consumi.

Chi fattura di più e chi di meno?

L’unità di misura è nella produttività pro-capite.

Ricordo una domanda che si pose l’allora Presidente di Confidustria, il Signor Montezemolo. Il quesito fu: Non riesco a spiegarmi perché un’impresa americana produca mediamente il 25% in più di una italiana.

Potersi organizzare con un piano di marketing significa aver risolto a monte, questa scelta di comportamento aziendale verso il cliente.