Gli effetti della globalizzazione sulla vita privata delle persone nel primo ventennio del secolo.

Chi ha progettato la globalizzazione, nei tardi anni Novanta, non ne ha esaminato le conseguenze sociali che ora esplodono in tutta la loro forza. Passare da una società costruita sul lavoro a tempo indeterminato (dal 1946 al 2000) a una con prevalente lavoro determinato (dal 2000 in poi) ha significato introdurre nella vita privata delle persone e delle coppie, importanti quote di incertezza-ansia. Fin qui tutto sommato nulla di drammatico, nella vita possono esserci momenti di frizione ed è anche giusto che ci siano! Però, l’aver modificato la tipologia di lavoro non ha solo reso la prestazione lavorativa più fluida, rispetto al blocco-ingessato degli anni precedenti, ma anche introdotto nelle famiglie un’incertezza di fondo che si è riversata sugli affetti.

Spiegando meglio questo concetto, l’incertezza lavorativa ha spinto a un’incertezza affettiva, per cui abbiamo livelli di litigiosità importanti tra coniugi e partner. Tradotto in termini concreti, l’aver abbandonato il lavoro a tempo indeterminato, ha comportato un livello tra divorzi e separazioni pari al 42% in Italia e al 45% negli Stati Uniti, quindi un 60% d’abbandoni nelle coppie non legate da alcun vincolo (conviventi). Quando i grandi economisti pensarono la globalizzazione (tra loro anche un sociologo, il prof. Richard Sennett) studiarono solo gli aspetti economici tralasciando quelli più squisitamente sociologici.

Questa dimenticanza nel progetto della globalizzazione ha comportato anche un’altra importante “svista”: la disoccupazione che è derivata dai processi di delocalizzazione.

La somma delle dimenticanze in ambito di qualità di vita (aspetti sociologici) che la globalizzazione ha portato in sé, autorizza quel ragionamento noto come fallimento della globalizzazione.

Oggi, nel 2016, abbiamo bisogno di un nuovo modello di sviluppo che sia certamente economico e sociale, ma non dimentichi anche gli aspetti politici. Ad esempio, nella fretta della globalizzazione (un altro dei motivi del suo fallimento) tutti si sono dimenticati quanto la Cina sia una dittatura comunista, che non può consentire il consumo privato interno, pena la nascita delle classi sociali, ovvero la fine del comunismo. Ecco che il collasso della Cina è un altro aspetto da considerare nel fallimento della globalizzazione. E’ vero che il Partito comunista cinese sta cercando gradualmente d’alzare i consumi interni in Cina, ma si parla ancora di grandi opere e di sommergibili, carri armati, aerei da caccia e missili. Quanto osservato in Cina, sulla carenza di consumi interni, si nota in tutti i paesi poveri emergenti detti BRICS. A questo punto le dimenticanze della globalizzazione iniziano ad essere troppe, aprendo la strada a un nuovo modello di sviluppo.

A Davos (in Svizzera) in questo gennaio 2016 si sta parlando di una globalizzazione più contenuta e non più estesa a tutti gli stati creando delle macro aree. E’ forse questo il futuro contraddicendo in pieno il disegno iniziale della stessa globalizzazione che avrebbe voluto coinvolgere tutto il mondo con un panino Mcdonalds, la Coca Cola e l’accesso indiscriminato degli adolescenti nel Web?