Da dove nasce il florovivaismo?

di Giovanni Carlini

Il florovivaismo in Italia come all’estero cerca con forza d’allargare la sua fascia d’utenza. Non si tratta più solo di far quadrare i bilanci o di mantenere l’attuale numero di operatori sul mercato, ma si sente il bisogno di una rigenerazione del rapporto con il cliente. In pratica è in discussione la funzione stessa del garden e del florovivaismo, per cui si vuole trovare una nuova collocazione sul mercato in cui identificarsi.

Qualcuno, molto superficialmente, ritiene che il nuovo inquilino alla Casa Bianca abbia spinto l’America verso un diverso rapporto con il verde, i prodotti della terra, il giardinaggio e la cultura dell’orto. Questo perché, anche alla Casa Bianca, la famiglia presidenziale si dedica alla coltivazione delle zucchine e patate.
Se è vero che le figlie del Presidente giocano con i semi di anguria, questo bisogno di rivedere il proprio rapporto con il verde organizzato, nasce da molto lontano e per la precisione da almeno 11 anni fa. In quel periodo, le preoccupazioni della politica e sensibilità sociale non erano rivolte verso “l’area green”, perché l’allora Presidente Clinton, stava costruendo la globalizzazione. Da qui si percepisce che non ci sono meriti politici da affidare a nessuno, se la sensibilità delle persone e del mercato si è fatta più viva sull’arredo a verde nelle città, verso le biotecnologie, il risparmio energetico e infine per un contatto più vivo e “gagliardo” con il giardinaggio e il florovivaismo in generale.
Chi scrive è un sociologo-economista, abituato a cercare di capire perché le persone si comportano in un certo modo anziché un altro.
Infatti una chiave di lettura, del rinnovato bisogno di verde da parte delle persone, potrebbe essere che in una società in totale crisi di nichilismo il bisogno di agganciarsi a qualcosa di stabile sia indispensabile. Nell’affannosa ricerca di “valori” tra le tante possibilità, c’è anche un riscoperto rapporto con quello “che cresce, che è sempre cresciuto e continuerà a farlo”: i prodotti della terra. Quindi fiori, piante, frutti, alberi, arredo urbano.
Ecco che “l’ecologia” si sposa con qualcosa d’armonioso che è sempre esistito: il ciclo naturale che è quello che fa presa sulle persone quando sono in crisi.
Seguendo questa traccia, GREEN UP offre alla sua utenza 2 chiavi di lettura per dare un esempio su cui riflettere e possibilmente replicare, nei rispettivi garden e negozi.
Il primo è “di casa nostra”, il secondo proviene da Denver (Colorado).
Anticipando il secondo articolo di questa serie, a Denver uno psicologo “rimasto senza lavoro” (in realtà si era stufato della sua attività) a titolo personale e gratuito, spinge affinché nelle scuole elementari si coltivino appezzamenti di terreno sui 2-3 acri, dove insegnare ai bimbi come coltivare ortaggi e frutti della terra, da vendere ogni giorno all’uscita da scuola. Questo tipo di formazione ha fatto si che oggi ci sia la fila per iscrivere il proprio bimbo in quegli istituti sensibili alla coltivazione dell’orto ( ogni classe ne beneficia per 5 ore d’insegnamenti alla settimana) per cui i presidi fanno a gara nell’aprire orti di scuola, anche perché lo stato finanzia ogni bimbo per 8.000 dollari all’anno. In questo modo 27 scuole su 85, a Denver, hanno aperto al florovivaismo in classe. Lo psicologo che ha lanciato questa sensibilità, ormai un personaggio pubblico, discute a tu per tu con il Sindaco della città, sulle nuove prospettive d’arredo urbano e per altri orti scolastici. Nessun garden, a Denver, finora è stato capace d’entrare in questo filone di sensibilizzazione dell’utenza al florovivaismo, perché ancora nessuno ha saputo sposare, da quelle parti, il nuovo modo di fare mercato con le esigenze eco-solidali della società. Questa esperienza verrà descritta nel secondo studio di questa serie, sempre pubblicato su GREEN UP.
L’esempio che oggi si desidera portare alla riflessione di tutti, imitandolo e potenziandolo è quello che gravita intorno al progetto FESTA DEI NONNI – UN FIORE PER UN’AVVENTURA.
La via italiana
11 anni fa intorno all’attuale Presidente del Comitato Festa dei Nonni, l’Ambasciatore Arturo Croci, si riunirono più personaggi del florovivaismo italiano con una domanda allora, come anche adesso, molto critica. Il quesito fu come fare per rilanciare l’immagine verso il pubblico del florovivaismo italiano, scatenando un salto di livello, ovvero una rivoluzione nella sensibilità e percezione del prodotto da parte del cliente. Non bastava più solo vendere o aspettare che il consumtore entrasse in negozio, serviva uscire dai garden per proporsi ai bisogni dell’utenza.
In fondo i fiori sono sempre quelli, i garden anche, quindi sul piano della biologia del prodotto c’è poco da fare e rapidamente questo si capì, ma recenti studi della Nasa (l’Ente spaziale statunitense) e di fonte scandinava suggerirono che, a parità di prodotto, la sua percezione sociale può essere totalmente diversa, a seconda di come viene percepito.
Il concetto è semplice: una rosa è solo un fiore, ma nel momento in cui viene regalata diventa un ottimo motivo per cenare insieme. Di conseguenza vivere in condizioni di difficoltà, ma alla presenza di un apporto verde-floreale- con attività di giardinaggio, fa la differenza. In pratica la psicologia e la sociologia entravano in campo, per la prima volta, misurando riduzioni di conflittualità tra le persone, se poste a vivere in un contesto “più verde”.
E’ come dire che in un condominio, dotato di area verde propria, si litiga di meno sia a livello di singola famiglia che negli incontri tra condomini.
L’ingresso delle scienze umane, nella percezione del verde e del florovivaismo, suggerì al team dell’Ambasciatore Croci che serviva un salto culturale, quale primo passaggio.
Il secondo fu di rivolgersi a chi vive d’imput culturali ovvero gli studenti, ma questi se in avanzata età adolescenziale tra primi amori e ricerca del posto del lavoro, tendono a essere “distratti”, la scelta, come in realtà è stata fatta anche a Denver in quegli stessi anni, fu per i più piccini, quelli delle scuole elementari. Ma il bimbo, in sé per sé, non era ancora sufficiente.
Chi è particolarmente caro ai più piccini oltre alla mamma (che ha la sua festa) e al padre (che gode anch’egli della sua ricorrenza?) Ecco che si scopre nel binomio bimbo-nonno, un nuovo interlocutore a cui rivolgersi, anche perché la festa dei nonni non esisteva (solo recentemente e grazie alla legge 159 del 2005 suggerita al Parlamento da questo team di lavoro, è stata istituita il 2 ottobre) Trovato il nuovo scenario, scatta la caccia a chi avrebbe finanziato l’idea.
Essendo il team di lavoro di Croci composto sia da italiani che olandesi, qui spiccano Franco Locatelli e Wim van Meeuwem, ci si rivolse naturalmente al mercato più importante del mondo, per sostenere l’iniziativa: l’Olanda!
La lotta fu dura, perché questo progetto conserva tuttora due diverse anime, che si sono comunque sposate: quella etica nel dare conforto ai nonni quale missione sociale, con una molto più affaristica, tesa ad allargare il giro d’affari che oggi vale 400 milioni di euro di fiori importati dall’Olanda. Qui il traduttore di valori umani in percentuali di crescita d’export per l’Olanda, fu Wim van Meeuwem. Non solo, ma in questo senso l’Ufficio olandese dei fiori, diretto dall’Ingegner Charles Lansdorp ha saputo inserirsi nell’azione di traduzione tra valori e fatturati, allargando l’idea iniziale del binomio bimbo-nonno a una impressionante serie di manifestazioni, che hanno condotto ben 250.000 scolari ad inviare, con un ritmo di 30.000 studenti per anno i loro disegni e poesie, per partecipare all’annuale concorso della Festa dei Nonni. Una conseguenza è stata quella d’entrare nel business dei primati con il disegno più lungo del mondo composto da giovani studenti. Su questa strada la sinergia Croci-Lansdorp-Locatelli-Meeuwem ha portato anche un coro a rendere anche molto festosi i diversi meeting, grazie ai balli e canti dei “Felini”. Da qui, la prosa si è arricchita di una storia, capace di rappresentare la sintesi dell’esperienza, che merita di essere narrata per la sua estrema dolcezza.

Il sogno di un desiderio che si avvera
…tutte le sere un nonno che vive solo, racconta al suo gatto le avventure di viaggio della sua vita e così fanno altri, nonni ugualmente soli, nelle loro case, leggendo chi brani tratti dai libri o di fatti quotidiani. Questi gatti però s’incontrano tra di loro, in un roseto, scambiandosi la tristezza della solitudine che ormai vive in loro stabilmente. Ma uno dei gatti ha un’idea: ha saputo che la notte di luna piena, si può esprimere un desiderio che viene esaudito. In questo modo tutti i gatti chiedono, quella notte, di trasformarsi in bimbi, per poter tornare dal loro nonno con una rosa che non appassirà per un anno intero. Questo quale pegno per un miracolo si rinnoverà l’anno successivo. Grande è la gioia dei nonni, che possono così godere della compagnia del nipotino per una notte, a cui narrare i loro vissuti. La rosa resterà fresca per ricordargli di vivere ancora un anno, perché il miracolo si avveri nuovamente.
I nuovi scenari della Festa dei Nonni
La nuova sensibilità immessa nel rapporto con il cliente, attraverso i negozi di fiori e garden, non si sviluppa solo attraverso attività ludiche, ma altre a contenuto sociale molto più profondo. In tal senso addirittura la Fondazione Don Gnocchi, che per istituto accoglie e cura le patologie della terza età, ha accettato l’impeto e l’entusiasmo della “Festa dei Nonni”. Oggi questo fa parte della cultura della Nazione.
A Milano, sostenuti anche dall’Associazione benefica “Champions for children”, l’8 settembre è stato presentato il libro “Un fiore per un’avventura” che descrive la favola del sogno che si avvera. E’ stato fatto anche il punto sullo sviluppo dell’iniziativa, alla presenza dei responsabili e anche del Console olandese a testimonianza sia dell’interesse economico, che questa iniziativa ha smosso nell’import di fiori, che soprattutto il bisogno della Regina d’Olanda di ricordare quanto l’intergenerazione d’affetti sia alla base di una civile convivenza tra generazioni.
Il senso di tutto ciò
Qual è il senso di tutto ciò? Semplice! Non si fanno affari soltanto vendendo in un mercato “che ha di tutto e ne risulta anche annoiato da così tanto (troppo) benessere.
Senza auspicare a tempi di “vacche magre” (il numero degli affamati quest’anno 2009 balzerà al suo record di 1 miliardo di persone, sotto la soglia della sopravvivenza) l’allargamento del mercato passa attraverso delle motivazioni sociali che ne giustifichino la portata e il senso. Come ha fatto ad esempio, la società italiana ad avviarsi nel diventare multietnica? Il “grimaldello” utilizzato dalla Chiesa e dalle sue associazioni di carità, non è stato quello di far del bene, ma di mobilitare una società opulenta e stanca di fare poco, in un dinamismo che dia soddisfazione a se stessa più che al prossimo. Dalla mobilitazione che ne è seguita, oggi pare che ci siano più di 4 milioni di persone non italiane in Italia alla ricerca di qualcosa, oltre due milioni di disoccupati nazionali.
Giusto o sbagliato che sia, non è questa la sede per analizzarne gli aspetti, va osservato solo come il Paese sia stato scippato del suo diritto a esprimersi con un voto su multietnicità si o no, ritenendo l’intero impianto legislativo, in materia, non sorretto da mandato popolare e quindi illegale.
Chiusa la parentesi, se ne apre un’altra: come ha fatto il Signor Obama a farsi eleggere e guadagnarsi 8 milioni di voti in più sui 125 votanti, senza un reale programma di governo, ma solo una serie impressionante di spot pubblicitari? Ha creato quello che noi sociologi chiamiamo “fenomeno collettivo”, ovvero ha suggestionato la gente. Ovviamente questo effetto dura per un certo periodo di tempo, infatti adesso in autunno la popolarità dell’Obama è in netta picchiata nel consenso, tanto che non sarebbe rieletto, perché è vuoto come lo era sotto elezioni, ma solo che molti non se ne sono accorti.
Si sono voluti prendere due esempi di grande notorietà (immigrazione in Italia, legale o illegale comunque non votata dal Paese e il bluff elettorale negli Stati Uniti) per spiegare come le nuove tendenze non siamo mai dirette (compra un certo prodotto) ma debbano invece passare attraverso altri concetti del tipo “solidarietà” per l’immigrazione e “yes we can” per l’Obama. Sotto non c’è nulla. Diametralmente diverso sono invece le esperienze di Denver (ancora da descrivere) e quella della Festa dei Nonni, che hanno saputo finalmente dare una sostanza di correttezza intergenerazionale ai loro progetti. I nonni sono la parte più debole e dignitosa della società, quindi agire verso di loro è un atto di civiltà e di educazione per le giovani leve.
E’ palese che fondando la propria azione d’allargamento della base d’utenza, su valori di fondo così strategici nella società (ci si riferisce al significato profondo della vecchiaia come scrigno di civiltà umana) si esce dalla semplice suggestione della stagione, per confermarsi negli anni quale interlocutore per un nuovo bisogno. In questa maniera si rispettano i fondamenti del marketing di Kotler di cui va ricordata la regola numero 1: si compra solo ciò che si capisce, ma gli è stato spiegato cosa comprare e perché?
Conclusione
Il mercato non è cambiato in sé per sé, ma è sempre più affollato. Chi saprà addurre argomenti nuovi non solo per restare in attività, ma vivere anche degnamente?