Il senso acritico della globalizzazione. Vietato criticare! Mai come nell’era globalizzato è diventato impossibile criticare il pensiero comune.

Il senso acritico della globalizzazione è un pensiero che nasce dall’impossibilità di criticare quando ritenuto dogma in quest’era. “Ai miei tempi” diciamo negli anni del ’68 e del terrorismo, tutto fu sotto “critica”. Oggi è il contrario e non si sa perchè. Ad esempio l’immigrazione è volutamente confusa con l’assistenza ai profughi. L’omosessualità è anch’essa confusa con i diritti civili. Perchè questa ricercata confusione?

Penso anche al Papa della Chiesa Romana Cattolica apostolica. Si tratta di un ottimo responsabile di marketing, ma un pessimo pontefice. All’attivismo papale e al piacere di viaggiare a spese del Vaticano, dove la sostanza evangelica? Assistiamo a un vuoto di contenuti nella dottrina cristiana, ma al contemporaneo fumo di attivismo. In pratica un modo per fare molto senza concludere nulla. Perchè? Più nel dettaglio e affondando la lama nella ferita, emerge una povertà spirituale abissale. Questo vuoto di valori nella società riflette una Chiesa formale e vuota. Formale nel partecipare al vuoto collettivo, ma priva di contenuti. Una Chiesa che si accoda alla massa senza produrre pensiero alternativo o innovativo.

Il successo di un pontificato lo si vede dai comportamenti collettivi. Tali atteggiamenti nella collettività come in privato sono oggi più critici che mai. Ad esempio si convive ma non ci si sposa. I figli sono sempre meno e i divorzi a quota 42%. Gli abbandoni nelle coppie non coniugate al 60%. Il senso critico della globalizzazione nasce da queste considerazioni semplici e dirette.

Abbiamo 3,5 milioni di disoccupati in Italia, ma possiamo essere orgogliosi di 5 milioni d’immigrati legali nel Paese. Nessuno sa quanti siano quelli illegali (quanti milioni). Non solo, ma i disoccupati sono al 50% over 50, ma neppure questo si può dire in una società dedicata solo ai “giovani”. E’ chiaro che sono molte le cose che non quadrano.

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