Non per gioco ad alcune importanti aziende italiane è stato offerto, in forma inconsapevole, uno stress test per aziende.

Lo stress test per aziende è una procedura sia per arringare e misurare la qualità del personale impiegato che, più limitatamente, la dirigenza. Purtroppo nel bilancio aziendale non è contemplata la qualità del fattore umano pur essendo in grado di fare la differenza ai fini della rendicontazione dell’utile.

Uno stress test per aziende è solitamente organizzato rispettando delle fasi preliminari a cui ne seguono altre di rito.

Lo stress test per aziende di cui si parla in questo articolo è stato rivolto all’alta dirigenza anziché, come solitamente accade, al personale dipendente, quindi ha un valore e un senso più strategico e micidiale. L’operazione è consistita nel proporre ai proprietari di diverse imprese, in particolare quelle siderurgiche, di beneficiare dei fondi della UE in gestione alle Regioni italiane per svolgere formazione al personale dipendente.

Tale formazione può essere sviluppata sia nella classica soluzione d’aula, che aprendo a una vera ed effettiva azione di politica del personale (ovviamente in questo caso i costi sono diversi e non completamente gratuiti come nel primo caso, in pratica si tratta d’impegnarsi su un contributo al 50% del costo di assunzione a tempo dello specialista per 12 mesi).

Lo stress test per aziende realizzato è consistito nello spiegare alle imprese di quale progetto si trattasse, osservando le reazioni, registrandone il comportamento. Ebbene nessuno ha voluto capire di cosa si trattasse, liquidando l’argomento come “tempo perso”. Impressiona la profonda e intensa superficialità di comportamento delle diverse dirigenza aziendale, che non sa e vuole avvantaggiarsi delle opportunità che la legge offre. Cosa ce ne facciamo di manager e proprietari d’aziende così miopi e ridotti nella capacità d’immaginare?

Senza già pervenire alle conclusioni, ecco qui descritte le fasi di proposta fatta alle diverse imprese, in cui è consistito lo stress test per aziende.

LA PROPOSTA

A)  da un massimo di 30 giorni a un minimo di 15, i vertici aziendali avrebbero dovuto decidere se inserire a tempo determinato un professionista a costo zero, attivo sia nell’internazionalizzazione che nella gestione del fattore umano, finalizzato alla contrazione dei costi di gestione (nelle grandi realtà tale riduzione di spesa potrebbe giungere fino al 2% con personale addestrato e sensibile, mentre in aziende più piccole fino al 5%)

B) il costo zero per l’azienda, deriva dall’applicazione di fondi UE gestiti dalle Regioni (almeno quelle che sono sensibili a questo argomento). Solitamente il bando regionale ha una scadenza (in genere il 30 giugno);

C) si possono aprire delle opzioni che sono: uno zero assoluto di spesa, se l’azienda volesse solo formazione, oppure per interventi più complessi e continuativi nel tempo (sempre nell’arco di soli 12 mesi coinvolgendo tutti gli stabilimenti) l’impresa dovrebbe accollarsi una spesa al 50% del costo industriale d’assunzione del formatore. In genere il contributo, per figure di spicco e particolarmente con “carisma” è di 20mila euro per imprese sotto i 51 dipendenti e 40 per quelle oltre tale soglia;

D) Non è finita. Ci sono anche casi dove lo specialista si offre di scrivere un libro, nell’arco dei 12 mesi per narrare alla nazione l’indispensabilità nella società moderna della specifica azienda. Nel caso d’imprese siderurgiche ad esempio il parallelismo potrebbe essere: acciaio uguale civiltà (concetto ovviamente noto, ma spesso dimenticato). Da questo paragone, le diverse fasi di lavorazione avrebbero avuto «un volto», ovvero quello dei dipendenti dei più stabilimenti, conducendo il lettore a scoprire quale azienda ha avuto l’ardire d’incarnare il senso d’industria siderurgica in Italia. L’urgenza di un libro così concepito è facile da comprendere: se la nazione è cosciente dell’indispensabilità di un tipo d’industria in Italia, ne deriva finanziamenti. 

LE REAZIONI CHE LE DIRIGENZE HANNO AVUTO

Le più belle e autorevoli realtà siderurgiche italiane hanno risposto:

a)      spiacente, abbiamo esaminato a fondo la proposta, ma in 15 gg non riusciamo ad esprimerci; (l’amministratore delegato)

b)      in questo momento (Il presidente) sono preso da impegni, ne parleremo a settembre;

c)      un direttore generale afferma: il mio direttore del personale è entusiasta della proposta, ma io non ne sono convito pur restando aperto a conoscere più a fondo le sue idee. Comunque non accettiamo la proposta;

d)     un imprenditore afferma: per potermi muovere devo farlo di concerto con i miei altri 2 soci, ma in un mese non riusciamo a riunirci per ragionarci sopra, anche perché ci sono delle resistenze al nuovo che non gradiscono;

e)      un presidente di società risponde: non so dove metterti e mio figlio non apprezza le novità;

f)       5 soci di una società affermano: non vogliamo persone nuove in azienda, quando è già faticoso per noi arrivare a un accordo.

CONCLUSIONI

La sensazione è che la nostra imprenditoria sia molto concentrata sul contingente, ma perda il quadro d’insieme, che poi è quello che influisce e determina la stessa sopravvivenza dell’azienda in Italia come all’estero. Probabilmente qualcosa sfugge e sarebbe necessario fidarsi di più dei propri collaboratori oppure, in alcuni casi, lasciarsi andare “al fiuto”, perchè continuando a ragionare nel modo qui osservato si resta provincia. Peccato che uno dei rami più importanti del Paese, non abbia la capacità di prendere al volo le opportunità in quanto 15 giorni, in era globalizzata, sono un lasso di tempo troppo limitato per un’azione a costo zero.

Da qui è comprensibile lo spessore e qualità della crisi industriale in atto dal 2008 perchè gestita da una classe dirigente non adeguata.

Fine dello stress test per aziende.

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