Torniamo su un qualcosa di terribilmente attuale: il fallimento della globalizzazione.

Perchè si parla di fallimento della globalizzazione? Il crollo di borsa cinese, avvenuto nei primi giorni del 2016, non rappresenta un naturale evolversi dell’andamento dei corsi finanziari ma un vero crack, ovvero una rottura del sistema. Quando la stessa Cina (il partito comunista cinese) dichiara di non riuscire a raggiungere una crescita del PIL/2015 al 7%, significa che i 20 milioni di studenti che ogni anno escono dal circuito formativo, non troveranno, tutti lavoro, per cui ci sarà disoccupazione. Francamente, che anche in Cina ci sia disoccupazione, ci preoccupa poco, in Italia è al 42% mentre, mediamente in Europa al 22%! Messa in questi termini non si riesce a capire dove sia il problema, se non un particolare che tutti vogliono sempre dimenticare: la Cina è una dittatura comunista!

Il fatto che la Cina sia una dittatura, rappresenta un particolare molto importante. Nessuna dittatura, negli ultimi 50mila anni di storia (abbiamo un’idea chiara solo degli ultimi 5mila partendo da Tucidide) è mai sopravvissuta al malcontento popolare. Ne deriva che la Cina, per come la conosciamo oggi, ovvero dal 1950 al 2016, in termini di dittatura potrebbe evolvere cambiando in altra forma politica. Anche questo aspetto non potrebbe che dare sollievo a tutto il mondo. In realtà il possibile transito da un assetto dittatoriale a uno probabilmente nazionalistico, potrebbe comportare, in Cina, le rituali procedure di nazionalizzazione delle imprese presenti, che attualmente sono state realizzate con capitale occidentale. Facendo un esempio:

  • il prof. Carlini, imprenditore, ha chiesto alla Banca dell’Etruria, in Italia, 150 milioni di euro per aprire uno stabilimento di produzione in Cina;
  • la banca italiana ben volentieri (e con vera incoscienza) ha concesso il finanziamento;
  • Carlini produce quindi in Cina e sta iniziando a guadagnare dopo aver costruito la sua fabbrica cinese;
  • il partito nazionalista cinese, che ha sostituito quello comunista (proiezione 2016) requisisce (nazionalizza) la fabbrica dell’imprenditore Carlini e lo fa in “nome del popolo cinese”;
  • Carlini protesta ma a rischio d’essere arrestato e percosso (come solitamente la polizia cinese agisce) fugge dalla Cina (in effetti in questo momento c’è il fuggi-fuggi dalla Cina cercando d’abbandonare quel paese sul piano degli investimenti fatti nel timore di perderli)
  • Carlini senza più fabbrica non potrà restituire i suoi 150 milioni di euro alla Banca dell’Etruria. A questo punto è possibile che la banca fallirà.
  • Stiamo descrivendo il fallimento della globalizzazione.
  • Non è finita: il signor Bianchi, che fa il commesso all’Esselunga e ha un conto corrente bancario presso la Banca dell’Etruria, dove i suoi risparmi li ha investiti in obbligazioni bancarie convertibili, per non rischiare, nonostante questo perderà tutto. Ecco come chi, pur essendo completamente estraneo alla vicenda cinese e in fondo allo stesso meccanismo della globalizzazione, si trova immischiato in termini di fallimento. Qui ha fallito l’imprenditore (incauto e non acculturato adeguatamente. Su questo tema c’è un gravissimo problema non sollevato da nessuno ma sofferto dalla Nazione – vedi il libro L’Impresa padronale, edito da Armando editore, Roma) la banca (stupidamente non ha formato i suoi quadri credendo che l’economia fosse tutto, dimenticando l’importanza del peso politico sul calcolo del rischio) e il privato cittadino. Tutti sono falliti. Stiamo parlando di fallimento della globalizzazione ribadendo il concetto di fondo di questo studio per riflettere. 

Concludendo, un’epoca si è chiusa: la globalizzazione. Aprendo la globalizzazione nel 2000, invitando la Cina ad entrare nel WTO, oggi nel 2016 possiamo iniziare a scrivere l’epitaffio di un qualcosa che è nato male, è stato gestito peggio e ci ha portato a livelli di disoccupazione mai raggiunti nella nostra storia.  La globalizzazione ha fallito la sua missione non raggiungendo le promesse. Non è possibile aiutare il resto del mondo, quando la nostra esistenza dignitosa (diritto a un lavoro stabile su cui costruire una vita che abbia la sua continuità) non è assicurata. Con la globalizzazione abbiamo introdotto nella vita degli occidentali (quelli che avrebbero dovuto aiutare il mondo) l’incertezza, ovvero un sistema destabilizzato in cui lavorare. Questo stile dell’incerto e carenza di scenari vivendo alla giornata, è entrato nella nostra vita personale (vedi il libro La sessualità nella società globalizzata – Armando editore, Roma) scardinando le nostre vite affettive (42% tra separazioni e divorzi nelle coppie spostate e 60% di abbandoni nella convivenza). Oggettivamente una globalizzazione così pensata (ma chi l’ha progettata in questo modo? – vedi il sociologo americano Richard Sennett e molti altri oggi premi Nobel) non poteva che fallire.

Stiamo parlando di fallimento della globalizzazione.

Non è finita. Un’altra vicenda, completamente sganciata dalla globalizzazione insiste sul suo fallimento; il riferimento corre al prezzo del petrolio. Da una quotazione di 80 dollari abbondanti al barile, oggi, solo 2-3 mesi dopo, stiamo sfiorando i 31 dollari e probabilmente raggiungeremo nuovamente i 25 dollari (che sarebbe il giusto prezzo).  Al di là della polemica su quanti, Paesi e aziende, ci mangino sopra al prezzo del petrolio (troppi) resta il fatto che l’Arabia Saudita comprime al ribasso il prezzo del greggio per escludere l’Iran dal mercato in seguito alla sua promessa di non produrre ordigni militari per i prossimi 15 anni da lanciare su Israele (lasciamo perdere la bontà dell’accordo stipulato da uno dei peggiori presidenti americani, il signor obama) Quella in atto in Medio Oriente sul petrolio non è da considerare una guerra semplicemente commerciale, ma trova alimenti anche in un aspetto ideologico all’interno della fede musulmana (l’Isis in realtà è appena un teppista per l’Arabia Saudita) che trova contrapposti gli sciiti ai sunniti. Sul piano globale, un greggio che costa al mattino 31 dollari e alla sera potrebbe raggiungere i 131 dollari al barile, appena il primo missile iraniano verrà inviato ai sauditi, rappresenta un grave elemento d’instabilità che conferma ancor di più il fallimento della globalizzazione.

Va anche considerato come in Italia, al diminuire del prezzo del petrolio, non cambi il costo della benzina, perchè il beneficio viene incorporato dalle tasse, ovvero da un governo che assegna 80 euro a …..(diversi casi) ma confisca il beneficio pubblico. Del resto va rammentata ancora una volta l’anomalia italiana (colpo di stato in bianco) di un Primo Ministro privo di legittimità politica, perchè non eletto da nessuno, che in una fase di fallimento della globalizzazione sta impegnando tempo e risorse della Nazione per discutere se concedere l’affidamento di un minore a un solo genere, apparentemente in coppia (2 donne o 2 uomini). Ogni Stato si merita il suo leader, se almeno lo avesse scelto!

(Piccola parentesi: potremmo anche accettare che leader di una Nazione NON fosse un politico, ovvero privo di legittimità politica, ma questo ragionamento è valido in presenza di grandi personalità in grado d’apportare alla Nazione nuovi orizzonti. Il Signor Renzi non è ovviamente di tale taratura. Il ricordo va al Prof. Monti, che pur avendo rappresento uno dei peggiori Presidenti del Consiglio della recente storia parlamentare italiana, a livello teorico avrebbe potuto fare la differenza tra un solo politico e un tecnico. Purtroppo il nome del Prof. Monti è stato sporcato dal primo colpo di stato in bianco che la Repubblica Italiana ha sofferto. Resta il concetto per cui, possibilmente senza nessun colpo di stato, un tecnico di grande capacità, levatura, responsabilità e prestigio, può e deve, se accettato dalla Nazione poterla rappresentar e guidare. Stiamo parlando di qualità e caratteristiche estranee all’attuale condizione politica italiana, che ne conferma l’anomalia sul piano interno e internazionale).