Tucson al museo Pima unica partecipazione italiana è un ricognitore tedesco con nostre insegne. Non sapevo che gli italiani avessero impiegato questo aereo nel secondo conflitto.

Tucson al museo Pima d’italiano c’è solo un veivolo: un ricognitore tedesco con coccarde italiane. In tutta franchezza non conoscevo questo dettaglio. Bene, ecco a cosa servono i musei!

Il veivolo in questione è un Morane-Saulnier MS-500 CRIQUET FIESLER FI-156 STORCH. Introdotto nel 1936 dalla Luftwaffe per la ricognizione area a favore delle truppe a terra, fu il primo del suo genere nella storia aerea mondiale. Ancora una volta i tedeschi lanciarono per primi un’idea e l’applicarono con una macchina specifica.

L’aeroplano fu prodotto, durante il periodo bellico, oltre che in Germania anche in Francia e Cecoslovacchia. L’impresa francese che collaborò fu la Morane-Saulnier che proseguì la fabbricazione anche dopo la liberazione. Infatti l’FI-156 fu ancora prodotto fino al 1949 per le necessità dell’esercito francese e per scopi civili.

Nella mia personale immaginazione lo Storch (o Storck) è legato alla liberazione di Benito Mussolini. Quindi alla successiva formazione della Repubblica Sociale di Salò all’indomani del cambio di vertice del luglio 1943. Ricordo, con viva partecipazione, il volto del pilota tedesco ritratto al fianco di uno stanco Mussolini. Ecco che lo Storck lo avrei visto con le insegne repubblichine anzichè regie. Comunque sono solo mie lugubrazioni accademiche.

Chi ne sa di più sull’impiego dello Storck nella Regia aeronautica militare italiana nel secondo conflitto?

Oltre al singolo dettaglio in approfondimento, resta un fatto: su un centinaio di aerei mostrati qui a Pima, d’italiano c’è un solo esemplare. In effetti bisogna anche ringraziare per questo, potrebbe non esserci nulla! Tucson al museo Pima conta diversi aerei da altri paesi. 2 aerei da trasporto cinesi, diversi con stella rossa (Germania dell’est, Unione sovietica, Corea del Nord), uno tedesco (Tornado della marina). Quindi inglesi e francesi in discreto numero. La tradizione di volo italiana viene così trascurata e non certamente per colpa degli americani.

Perchè dovrebbe esserci una rappresentanza aerea italiana nel deserto di Sonora al confine con il Messico? Ovviamente non ci si riferisce per forza di cose a veivoli del secondo conflitto. Leggo sulla stampa italiana specialistica, di un Atlantic in disarmo per il Museo di Vigna di Valle. Un museo che non è dotato neppure di una pista d’atterraggio! Trovo altri articoli di stampa relativi a 2 Piaggio italiani della Capitaneria di Porto, da destinare alle aiuole come spartitraffico. Tutto bello! Qui a Tucson però si forma la mentalità aeronautica del mondo libero, quello occidentale. Una presenza italiana qui, esprime una traduzione per il made in Italy come food o altro. L’internazionalizzazione si fa anche con la cultura.

Auspico a un giorno dove a Tucson, al museo Pima, potranno esserci uno Sparviero o un caccia italiano restaurati e magari in grado di volare. Infatti è questo il problema. In Italia non si riesce a trasmettere questo concetto del museo con pista di decollo annessa.