Il rilascio scolastico e il bisogno di una scuola concepita in maniera diversa, evolvendo dal programma ministeriale a uno intorno alla persona: serve una nuova scuola

Scuola. Ultimamente  ho avuto modo di riflettere sul fenomeno dell’abbandono scolastico, ovvero di studenti a cultura incompleta che lasciando la scuola, entrano di fatto nella società. Stiamo parlando non solo di allievi che non hanno completato il ciclo della formazione, ma di prossimi uomini immaturi che diventeranno fidanzati immaturi, quindi mariti immaturi e padri immaturi.

Del resto come spiegarsi il 42% di separazioni tra le coppie sposate e il 60% di abbandono tra le coppie conviventi?

Indubbiamente “sto esagerando facendo di tutta un’erba un fascio”, però prima o poi il tema va affrontato perchè gli elementi di discussione ci sono tutti. La società sta ricevendo adolescenti (futuri uomini, donne, madri e capi famiglia) incapaci di seguire un percorso formativo da cui le incapacità si sommano. Non è affatto scontato che l’immaturità scolastica sia anche un’immaturità per la vita, però danneggia la stabilità comportamentale e la linearità di pensiero, che a loro volta intaccano la funzione di coppia e il ruolo di genitore. In pratica è tutto collegato anche se non si vuole ammetterlo o non esiste una cultura sociologica e psicologia che sappia descrivere quegli scenari che si sviluppano di fronte al rilascio scolastico. In effetti, di fronte a un’università ingessata e priva di fantasia, va notata l’assenza di una cattedra o di un dipartimento di studi sociologici e psicologici, in grado di studiare gli effetti a catena che si sviluppano tra l’immaturità scolastica e quella nella vita personale, pur sapendo di casi eccezionali che non hanno confermato tale concatenazione d’eventi. Resta il fatto che la scienza non si può limitare all’eccezionalità, ma deve considerare tutta la gamma di possibilità.

Al netto dell’incompletezza negli studi sociali sull’argomento (quando avremo una università che accolga in sé delle cattedra di sociologia del dolore, sociologia della sessualità e una interfacoltà tra psicologia e sociologia) tornando alla scuola, emerge la necessità di formare delle classi differenziali per studenti non adeguati al ciclo formativo completo.

Significa che attualmente la scuola è ossessionata dal programma ministeriale, come se inculcare nella mente dei giovani delle cognizioni fosse la condizione per farli maturare. Non abbiamo ancora una scuola che sia invece intorno alla persona anziché ai programmi. Servirebbe un corso parallelo di formazione, dove come insegnanti potessimo dedicarci ai ragazzi e ai loro bisogni esistenziali, anziché portarli alla sola conoscenza accademica della scienza umana, economica e professionale.

Oggi, in una scuola che apre alle ore 08.00 e solitamente chiude alle 14.00 (ci sono casi di rientro pomeridiano in alcun giorni della settimana) afflitta dal “programma ministeriale” come unità di misura della maturità dello studente, non consente d’intervenire su quei giovani che o abbandonano la scuola o ci restano come ripetenti o sono semplicemente parcheggiati dietro un banco. Nel momento in cui andassimo a misurare la maturità, non più dal numero di equazioni risolvibili dall’allievo, ma dalla sua capacità di convivenza e di rispetto delle regole (non fumare, non spacciare, non fare uso di droghe, non picchiare, saper seguire senza annoiarsi per 45 minuti un discorso logico, etc..) finalmente potremmo agire sulla persona combattendo l’immaturità.

Per fare questo serve una scuola a tempo pieno, dalle 08.00 alle 18.00 che allontani i ragazzi e le ragazze più deboli dal fumo, abuso di internet e sciupio di tempo nel web, droga, cellulare etc. per formarli come donne e uomini del futuro. Oggi questo la scuola non lo consente per assenza di strumenti adeguati. In pratica serve una nuova scuola con 2 percorsi formativi paralleli: uno intorno ai programmi e l’altro intorno alla persona. 

Ovviamente la scuola orientata ai programmi, rilascerà diplomi di maturità professionale, mentre la seconda di maturità umana e caratteriale. All’università accederanno solo quelli provenienti dal corso orientato sui programmi.

Il dibattito è aperto, certamente oggi stiamo soffrendo un problema che non è della scuola, ma appartiene alla società senza che abbia gli strumenti adeguati per rispondere. L’incidenza di persone non in grado di proseguire gli studi o semplicemente parcheggiati dietro un banco, oscilla tra un minimo del 10% fino al 50% delle attuali classi, con punte eccezionali nel primo anno di corso a scemare nello sviluppo successivo.