FinTech e connessione nell’uso dei robo advisor. Dove la FinTech opera nelle funzioni di banca e di consulenza?

Una prima area d’ingresso della FinTech nella gestione delle banche è quella chiamata “dei pagamenti” che vale il 31% dell’intera attività. 

L’industria FinTech, chiamata dalla banca, inserisce nè più che meno banner pubblicitari nelle pagine di pagamento, invitando il cliente a interagire pur con modesti importi.

La presunta “potenza” dell’operatore FinTech è quella d’immergere, una normale operazione di pagamento, in un mare di pubblicità d’investimento. Oltre a ciò, specie nel continente africano, dove la diffusione degli sportelli bancari è ridotta, si permette al cliente d’agire tramite cellulare nell’eseguire pagamenti a favore di altri già presenti sulla piattaforma telefonica. 

Ovviamente il “segreto” del sistema è il convogliare il cliente su mezzi di e-commerce come a dire che entrando in un ambiente si debba condividerne tutti gli aspetti: moneta virtuale, acquisti on line etc. 

I nomi che concorrono in questo meccanismo per convogliare al consumo sono sempre gli stessi: Amazon, Alibaba attraverso il loro sistema di pagamento, AliPay e Amazon Payments.

Un secondo settore è quello della raccolta e credito alle famiglie.

Le banche hanno ceduto all’esternalizzazione nel settore credito alle famiglie tramite le attività FinTech.

Tutto questo si configura come una ritirata del settore bancario, inseguendo la sola redditività anziché la presenza sul mercato.

Spesso le imprese conquistano il cliente con la presenza e non solo con i bilanci in utile. Un concetto ancora sconosciuto alle attuali dirigenze bancarie Occidentali.

Tornando all’ingresso delle FinTech nel lavoro bancario anche nel settore raccolta e credito alle famiglie, si nota come questa presenza sia concentrata verso la clientela più rischiosa dove le norme di controllo imposte dall’Autorità si fanno più stringenti; quindi i costi di gestione più importanti. 

L’uso di un algoritmo, come interfaccia al cliente, consente una rapida connessione del profilo di rischio del soggetto, grazie all’uso che fa del social, informazioni che solitamente mancano all’operatore umano, che dovrebbe appositamente svolgere una ricerca. 

Va rammentato come non esistano i social, ma il social frammentato tra i diversi operatori. 

Ecco che l’uso dell’inumano velocizza l’elaborazione del profilo di rischio congruo del potenziale cliente, ma ciò non significa assolutamente, come si sta cercando di fare, di sostituire la sensibilità umana con un calcolatore chiamato invece in supporto al primo.

Al contrario, il tentativo dell’industria FinTech, è quella di far incontrare il cliente su una piattaforma informatica capace di valutare le sue diverse soglie di rischio, connettendo anche le più necessità di pagamento e riscossione (bollette di utenza e fatture emesse). 

Nello svolgimento del servizio, la piattaforma si rivolge ad altri operatori del sistema FinTech per notizie più dettagliate e consequenziale abbattimento del costo del servizio.

Un costo di servizio che come sappiamo, non viene tradizionalmente rigirato all’utenza come riduzione del prezzo di consulenza e bancaria (deficit di cultura imprenditoriale dal sistema bancario).

Il metodo FinTech si fa forte del costo contenuto grazie alla sua totale immaterialità e assenza di presenza sul territorio.

Questo “non esserci” è fonte di grande risparmio, ma anche ansietà da parte del cliente che, se privato della “connessione”, perde ogni contatto con i suoi investimenti.

Emerge con forza, ancora, il punto debole di tutto il sistema: dar per scontato che la “connessione” sia sempre accessibile e non danneggiabile o falsificabile.

Questo è il punto mortale di ogni piattaforma “lending” (così chiamata in gergo anglosassone) che solitamente non viene preso mai in considerazione per “quieto vivere”.

Nella follia collettiva da voluta distrazione delle conseguenze, emerge come ancora negli Usa l’uso di queste piattaforme abbia, nel 2015 aumentato del 14% la concessione di prestiti di fonte bancaria alle PMI americane. 

In un mondo che ha dimenticato le cause scatenanti della crisi Subprime (eccesso di prestiti concessi e connesso rischio riversato sulle obbligazioni) spunta una Lending Club.

Questa società è la più importante piattaforma Occidentale di prestiti online impegnata a marzo 2017 per 24,6 miliardi concessi a persone solitamente escluse dal tradizionale mercato bancario.

C’è da fare una riflessione. In caso di nuova crisi, come si sta appalesando nel 2019, chi ci metterà quei 24,6 miliardi per non far fallire la società?

La tecnologia sta modificando i servizi d’investimento del risparmio come la consulenza finanziaria e il trading che è sempre stato al passo con la tecnologia. Il trading grazie all’intervento tecnologico ha seguito due direzioni:

  1. focus ai trader professionali con il trading algoritmico (modalità di negoziazione basato sull’utilizzo di algoritmi e programmi informatici che raccolgono ed elaborano le informazioni e dati di mercato in tempo reale)
  2. focus verso gli investitori retail(forma più innovativa rivolta al social tradingche può essere definito come trasformazione digitale delle newsletter)

Le piattaforme come Tradency e Zulutrade offrono la possibilità di replicare, sui propri conti, le strategie dei tradersche hanno dato prova di essere profittevoli. Ciascun investitore può diversificare il proprio portafoglio in base al rischio scelto per il proprio profilo.

Il servizio delle piattaforme viene remunerato attraverso l’applicazione di commissioni.

Importante tener presente che il conto di trading rimane di proprietà dell’investitore però gestito da un soggetto esterno il che lascia molto perplessi.

Il FinTech appare un modello rischioso spacciato per l’abbattimento dei costi.