Mondializzazione? una cretina! Sapete perchè? Una lavatrice AEG in 36 mesi la butti via.

Mondializzazione come globalizzazione, ovvero integrazione dei mercati. Su un quotidiano francese di mercoledi 18 settembre (Le Monde) mi capita di leggere, nelle pagine interne, un’intervista a un tizio che si dichiara convinto verso la mondializzazione. Quanto scritto tutto sommato è piuttosto banale, quindi non ci sono spunti eleganti sul piano concettuale. L’articolo però si presta a una riflessione molto critica verso la globalizzazione.

Quand’ero giovane (ma anche adesso) marche molto importanti come la AEG (il riferimento è agli elettrodomestici) costavano tanto per durare altrettanto. Una AEG come anche marca MIELE (entrambe tedesche) duravano in anni almeno 20 se non 30 o 35. L’alto costo del prodotto era garantito dalla robustezza e durata nel tempo dell’elettrodomestico. Oggi il prezzo è ancora caro (meno rispetto al passato) ma la durata si è drasticamente ridotta! Per esperienza personale, una lavatrice AEG dopo 3,5 anni, richiede riparazioni sempre più importanti, per poi desiderare di cambiarla dopo appena 5 anni. Qualcosa non quadra! E’ vero si chiama mondializzazione o globalizzazione. 

Perchè non funziona la mondializzazione? E’ semplice. Quando il portello della lavatrice è fabbricato in Turchia, quindi le guarnizioni in Cina e i pulsanti dalla Indonesia, infine assemblata in Germania, alla fine l’armonia di sistema non funziona. Ecco il punto. Troppe componenti realizzate con standard comuni non lavorando bene tra loro. Qui il fallimento della globalizzazione si tocca con mano. 

La mondializzazione ha tradito il concetto stesso di distretto industriale. Chi ha studiato questa dinamica, ha anche imparato l’importanza del fattore umano nella produzione. Gli aerei ad esempio, costruiti a Varese, costano di meno rispetto la Puglia (dove interviene una logica assistenziale del tipo Cassa del Mezzogiorno). Con la mentalità del rapporto qualità-costo-localizzazione (diciamo Varese per il polo aeronautico) la mondializzazione è spacciata in partenza.

Un prodotto, non è sola l’applicazione pratica di un progetto, ma rappresenta anche e sopratutto uno sforzo umano. A questo punto la domanda da porsi cambia. Non tanto mondializzazione si o globalizzazione no, ma il lavoro e la competenza vanno pagati correttamente? Da qui nasce la polemica sul decreto “dignità”, recentemente varato dall’ultimo governo italiano. La Confindustria e il sistema delle aziende italiane per quanto tempo deve ancora rubare sulle retribuzioni e in genere nell’applicazione dei contratti?