Al 6 giugno il rapporto Semilavorati

Aggiornamento al 6 giugno 2011 di Giovanni Carlini

Che cosa sta accadendo al 6 giugno

Un’importante testata giornalistica americana, commentando il comportamento del Presidente Obama, nel corso dell’eliminazione del terrorista Osama, definisce la nuova era come quella dell’incertezza. Francamente la trovata è poco originale, perché d’incertezza se ne parla da quando è stato eletto. Parafrasando questa impostazione, tra i dati ISTAT costantemente rilevati sulla produzione in Italia e la reale tendenza di mercato, c’è una profonda differenza. Questa divaricazione è dovuta a un tendenziale ottimismo nei numeri come nelle proiezioni, che non si traducono in atti concreti per chi effettivamente lavora. In effetti sarà anche vero che si produce (ciò non vale per tutti) ma “con il fiato corto” per commesse a brevissima scadenza. Emerge che il carico di lavoro si è profondamente accorciato, dalle usuali 3 settimane a soli sette giorni. In queste condizioni si prende atto del bollettino ISTAT:

In marzo la produzione industriale italiana ha continuato la sua ripresa, con un rialzo dello 0,4% (dato destagionalizzato) rispetto a febbraio e un aumento del 3,1%, considerando il dato corretto per gli effetti di calendario, rispetto allo stesso mese del 2010. Va rammentato che a febbraio l’incremento mensile destagionalizzato era stato dell’1,4% e quello corretto del 2,3%. I settori più attivi sono la fabbricazione di macchinari e attrezzature (+16,5%), la metallurgia e di prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+7%) e infine i mezzi di trasporto (+6,7%). Nella media del I trimestre 2011 l’indice è calato dello 0,1% rispetto a ottobre-dicembre 2010, pur mantenendosi in crescita dell’1,9% su base annua.
Più composto appare il giudizio della Confindustria, che si esprime in questo modo: nel mese di maggio la produzione industriale è cresciuta dello 0,1% rispetto aprile, quando la crescita su base mensile è stata dello 0,2%. Sembra quindi molto lontano il recupero delle posizioni perdute in seguito alla crisi globale: l’incremento rispetto ai minimi di marzo 2009 ammonta al 12,1%, ma la contrazione rispetto al picco di aprile 2008 è ancora del -17,2%

Andamento dei prezzi al 6 giugno

Nonostante l’incertezza nel mese di aprile 2011, i prezzi alla produzione dei prodotti industriali rilevati dall’Istat e comunicati al 31 maggio, sono aumentati dello 0,6% rispetto al mese precedente e del 5,2% su aprile 2010, mentre quelli venduti sul mercato interno registrano un analogo incremento dello 0,6% rispetto a marzo 2011 e del 5,5% se rapportati ad aprile 2010. Spostando l’analisi sui beni venduti nel mercato estero l’aumento è dello 0,6% sul mese precedente (+0,5% per l’area euro e +0,6% per quella non euro) e del 4,5% rispetto a aprile 2010 (+5,2% per l’area euro e +3,9% per l’area non euro). Il settore dove si rileva la crescita dei prezzi più audace è quello della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati, con un incremento del 18,1% per l’interno e del 27,2% per l’estero.

La tempesta perfetta

Il punto qui non è essere o no disfattisti. L’obiettivo è uscire dalla crisi che non è affatto terminata, ma si prolunga in forme diverse. I mercati sono in contrazione, la liquidità per chi deve comprare i beni necessari è in diminuzione, invece eccede nella speculazione.
Sono gli estremi della “tempesta perfetta” perché colpiscono direttamente il mercato interno. Nessuno ad esempio immaginava quanto il Maghreb e il Medio Oriente pesassero sull’export italiano, di cui si conoscevamo i numeri ma non l’impatto così duro! Ovviamente il problema non è solo italiano infatti:

a) dal Giappone, su cui influisce anche il noto disastro naturale, si registra una più amplia contrazione dell’economia che si può misurare, ad esempio, dal settore automobilistico dove la flessione, in aprile, rispetto all’anno scorso è del 60%

b) paese che vai, crisi che trovi; la Cina è così benvenuta nel mondo reale, quello fatto di problemi. Infatti la siderurgia cinese è stata finalmente colpita dall’assottigliamento dei margini di profitto e dalla carenza d’investimenti. Da recenti rilevazioni è emerso che nel 2010 il margine dell’industria dell’acciaio cinese è stato solo del 2,9% ben inferiore a quello degli altri settori produttivi. Il tasso di crescita è stato del 6,1% rispetto ad una media nazionale del 23,8%. La risposta nel 2011 è stata per un incremento degli investimenti, cresciuti del 13% senza però, al momento, modificare il trend della siderurgia cinese rispetto ai restanti settori. Aggiungendo alcune considerazioni, si potrebbe pensare quanto non sia “ritardato” il settore siderurgico, ma che da qui parta un più generale ridimensionamento di tutto il sistema economico cinese, in attesa che il suo assetto sociale trovi una nuova sistemazione sotto l’influenza della “primavera araba”.

c) Il Brasile segnala un calo industriale del 2,1% in aprile rispetto marzo, ovvero il più accentuato dal 2008. I settori più esposti sono la meccanica (-5,4%) e quello degli elettrodomestici (-10.1%)

d) La produzione USA d’acciaio grezzo è in calo in questi mesi del 2011 a differenza dell’anno scorso dell’1,1% con un tasso di utilizzo medio degli impianti fusori del 73,7% quando era del 74,8% lo scorso anno.

Se il mondo rallenta non può che essere anche per il nostro paese, Che fare al 6 giugno? Qui il discorso si complica e invita gli imprenditori ad adottare tutte quelle procedure, che da anni sono note, ma poco applicate. Il riferimento corre agli aspetti gestionali come l’uso del BEP (punto di pareggio) la TAM (tendenza annua mobile) il piano di marketing, la contabilità industriale, un nuovo rapporto con il cliente, la formazione interna perpetua, il ri-finanziamento dell’impresa, le sue dimensioni, la ricerca e sviluppo e quindi la connessa registrazione di brevetti, la frequentazione delle camere di commercio collegate ad altri paesi per incontrare nuove opportunità, la lettura della stampa specializzata per capire e orientarsi. Infine l’applicazione d’innovazioni tecnologiche nella movimentazione e stoccaggio dei prodotti, per un più complessivo abbattimento dei costi d’impresa. Queste sono le “riforme” da applicare in azienda, se si vuole restare sul mercato nelle nuove condizioni che si sono determinate dal 2008 ad oggi.

I Dazi

Le limitazioni al commercio sono una costante di tutte le crisi. Non solo, ma per misurarne l’ampiezza e profondità, si può ricorrere a questo indicatore. Alla ribalta c’è la Russia, la Corea del Sud e il Giappone.

a) la Russia ha imposto un dazio antidumping contro l’importazione di cilindri di laminazione forgiati in acciaio dall’Ucraina. Il dazio è per il 26% del valore doganale e durerà 3 anni. I codici doganali dei prodotti interessati sono 8455 30 310 0 e 8455 30 390 0.

b) La Ue e la Corea del Sud cercano intese a patto che le imprese europee non siano più discriminate nelle commesse pubbliche soprattutto in Giappone.

c) Su tutti questi aspetti domina la tempesta sui prodotti agricoli tra Germania-Spagna e quindi tra UE e Russia. Qualcuno potrà dire che si tratta solo di garantire la sanità pubblica, per cui non c’è nulla di maligno, ma una cosa è certa: i danni per solo l’Italia sono di 20 milioni la settimana e questo è un problema per l’intera collettività nazionale.

Tendenze dei prezzi: al 6 giugno

I prezzi calano per forza di cose, in quanto non c’è né un mercato interno come estero, in grado di sostenerne l’andamento, afflitto da troppo tempo dalla piaga della speculazione.. In realtà non stanno calando i prezzi come tutti pensano, ma stiamo smaltendo quote di speculazione, che hanno “gonfiato” i corsi creando fittizie ricchezze. Il vero punto della questione non è se calano i prezzi ma di quanto, perché il peso speculativo ammonta mediamente al 70% degli attuali corsi, tranne che sull’alluminio, quantificabile in un 30%.
Quanto si sta qui dichiarando è che gli attuali prezzi sono sbagliati, nel confronto tra quantità esistente-utilizzo e grado tecnologico di resa . Non solo, ma come la storia dell’economia insegna, le bolle speculative sono sempre finite, lasciando sul terreno un grande numero di “morti”. Si ricorda ai lettori come nel 2007 alcuni articoli di giornale si chiedevano se la crisi (che poi si è conclamata l’anno successivo sotto il nome di “subprime”) sarebbe stata progressivamente assorbita in un atterraggio morbido, oppure sarebbe scoppiata analogamente a tutte le altre nella storia. Se questi sono i dubbi, la soluzione è facile da trovare in ogni testo di storia economica a partire dal 1870. Chiarita l’impostazione dottrinale, ora il problema è di quanto si sgonfieranno i prezzi dei prodotti quotati al LME e in che tempo, perché se la tendenza fosse repentina (come storicamente confermato) non si riuscirebbe a svuotare i magazzini, con l’attuale livello di merce stoccata. Se questo dovesse accadere i grossisti rischierebbero di saltare, non potendo più recuperare il prezzo pagato ai fornitori perché i clienti non potrebbero, a loro volta, scaricare, sui consumatori, valori non più accettabili e compatibili con così tanta disoccupazione.
Francamente è dal 2006 che questi concetti sono diffusi dalla presente rubrica, invitando gli operatori a ridurre al minimo le giacenze di magazzino “al già venduto” evitando di partecipare alla grande “festa” della speculazione, dove sicuramente molti avranno fatto anche i soldi, ma avranno poi avuto la furbizia d’uscire dal mercato o ci “hanno preso gusto”, rischiando ora di fallire?
La speculazione è come la droga; crea dipendenza mentre ora è tempo di disintossicarsi, pulendo il mercato. Buon lavoro.