In seguito alla crisi Subprime i Governi e le autorità finanziarie Occidentali hanno alzato gli standard di qualità dei consulenti finanziari. Per non sostenerne il costo, le banche dirottano la clientela sui robo advice. In pratica macchine dirette da un algoritmo come interfaccia virtuale del cliente. Tradotto in pratica, questo ricorrere al non umano si chiama evasione dai nuovi standard di qualità.

Quando nasce il fenomeno robo advisors.

Successiva alla crisi Subprime, sempre negli USA, come se non si fosse imparato nulla dai rischi corsi in quegli anni nella conservazione della civiltà in Occidente, arrivano sul mercato bancario statunitense i robot per la consulenza finanziaria. 

Nello stesso periodo, negli Stati Uniti, fallirono oltre 300 banche, motivo per cui il contenimento dei costi fu imperativo. In questa logica, gli istituti di credito iniziarono a licenziare personale per sostituirlo con robot: arrivano così i robo advisor

A pagina 41 del testo “La consulenza finanziaria automatizzata” della Signora Maria-Teresa Paracampo edito da Franco Angeli nel 2017 si cita una ricerca condotta nel 2016 dalla FINRA (Financial Industry Regulatory Authority) segnalando come il 38% delle transazioni per investimenti nella fascia d’età 18-34 sia gestita da algoritmi tramite robo advisor di fronte al solo 4% dei più saggi over 55 anni. La ricerca non offre un confronto per ordine d’importanza dell’investimento eseguito.

Complessivamente per lanciare un sistema robo advisorservono degli algoritmi e delle società modello “FinTech”, ovvero società altamente specializzate nel settore virtuale e informatico. 

Il confronto tra sistema robo advisor e tradizionale nella consulenza

Il sistema robo advisorsi caratterizza per 3 novità rispetto il modello di consulenza tradizionale. E’ importante sottolineare come, a differenza della mentalità globalizzata, la novità non rappresenta per forza di cose qualcosa di migliore rispetto al passato.

Le novità sono:

  1. l’uso di robot dovrebbe allargare la platea degli investitori in quanto il consulente umano solitamente ama dedicare più tempo al cliente che ha maggiori margini di guadagno. Il riferimento è a quelle persone anziane che acquistano o rinnovano sempre gli stessi pacchetti di titoli di Stato, dimenticando che è proprio quel tipo d’utenza che non ama l’uso del robot e il dialogo con algoritmi;
  2. il sistema robot advisor si offre per un profilo d’investimento elementare lasciando le operazioni più complesse alla consulenza umana;
  3. l’algoritmo si vuole rapportare con le giovani generazioni solitamente le più esposte all’abuso del Web, appunto quelle da cui è possibile immaginare un reflusso da eccesso di dipendenza dal virtuale.

Una tesi che spinge verso l’adozione dell’inumano per la consulenza, descrive il drastico calo di fiducia che hanno subito le banche in seguito alla crisi Subprime. 

Un’indagine del 2013 condotta da Edelman Trust Barometer, segnala la grande differenza di considerazione da parte del pubblico verso le banche tra il periodo pre e post crisi. In particolare il disinteresse della clientela si concentra specificatamente nei confronti della consulenza finanziaria. 

La ricerca della Edelman è confermata anche da altre similari svolte nel 2015 (Consumer Markets Scoreboard). 

L’epicentro dell’insoddisfazione coglie gli investimenti finanziari e previdenziali con una severa critica da parte dei clienti alle banche pari al 74,1%. Non migliore è la considerazione verso il settore mutui con un -73,8%  di fiducia e quello immobiliare parimenti al -73,8%. 

Per ovviare a questo, le banche troverebbero negli algoritmi la soluzione. Nel meridione d’Italia si usa un detto dialettale del genere “dalla brace alla padella” per identificare una fattispecie di queste proporzioni. Non solo, ma tutto il sistema FinTech poggia su un equivoco: la sicurezza e certezza del sistema virtuale. 

Quando la Signora Paracampo nel suo libro accenna alla “generalizzata caduta di fiducia verso i protagonisti finanziari tradizionali, ritenuti i principali responsabili della recessione, che è seguita alla crisi finanziaria, che ha creato uno spazio favorevole per i nuovi operatori del FinTech”(pagina 44 del testo già citato) dimentica lo scandalo Facebook, la manomissione elettorale e le pressioni sulla politica reale, che rendono l’informatica un pericolo per la civiltà.

Certamente è vero quanto afferma, sempre la Signora Paracampo, nella stessa pagina, della drammaticità sul rendimento bancario a livello mondiale. 

Da citazione: La congiuntura sfavorevole ha compromesso la redditività delle banche, a seguito della contrazione dei volumi di domanda del credito (…) e dall’incremento delle sofferenze. (…) Secondo l’annuale rivelazione R&S Mediobanca, condotta su 70 istituti (…) europei, giapponesi e statunitensi (…) se la redditività media pre-crisi era del 17% per gli europei e 15% negli Usa, oggi, nel post crisi, si attesta a un Roe medio del 4,3% in Europa e al 6,7% in Nord America.

Leggendo questi dati si capisce il reale bisogno di contrazione delle spese che le banche hanno pur in spregio della forza lavoro e annesse professionalità. Va notato altresì come la redditività bancaria, nonostante tutto, sia ancora in campo attivo e nonostante ciò si cerchi di tagliare ulteriormente le spese. Perché?

Il quadro di miopia della dirigenza bancaria diventa ancora più conclamato quando si confronta la redditività media di un’impresa manifatturiera europea: tra il 6 e l’8% con il Roe bancario. Per quale motivo le banche dovrebbero guadagnare di più dell’industria?

I governi Occidentali in risposta alla crisi Subprime, hanno costretto tutte le banche (che hanno comunque beneficiato di soldi pubblici durante la crisi per non fallire) ad agire su più aspetti:

  1. una migliore gestione dei rischio (selettività dei prestiti concessi);
  2. una più elevata capitalizzazione delle riserve (da cui deriva un’importante caduta di redditività della gestione bancaria);
  3. l’uso di una più accentuata trasparenza verso la clientela sugli investimenti.

Non è finita. Dal 2013, a partire dalla Gran Bretagna, vengono richiesti maggiori standard di preparazione ai consulenti finanziari e il pagamento della consulenza a carico del cliente. Ciò ha provocato un duplice risultato:

  • l’uscita dal mercato di molti consulenti (per mancanza di lavoro);
  • la concentrazione della consulenza sull’alta fascia di clientela, quella disposta a sostenerne i costi;
  • il lasciare “scoperta” la fascia media e bassa di clientela che per reazione si è rivolta ai portali WEB di negoziazione dei fondi comuni. E’ da qui che nasce il robo advice.

Il tutto è anche interpretabile in questo senso: per “evadere” dagli stringenti nuovi standard di professionalità dei consulenti finanziari, il sistema bancario sta introducendo non umani governati da algoritmi. 

Per risparmiare e tornare a guadagnare “come un tempo”, la banca peggiora lo standard di servizio alla clientela affidandola a un non umano aggirando, al contempo, le nuove norme di qualità della consulenza.

L’industria FinTech

Utilizzando la sociologia per favorire l’introduzione del non umano nel circuito di consulenza bancaria, si ritiene che il cliente sia soddisfatto se, interagendo con qualcosa/qualcuno, impari di più. Con questa “teoria” il sistema bancario è partito alla carica nel tentativo di recuperare attenzione da parte della clientela.

Ovviamente tutto il sistema “fa finta” di non considerare l’estrema e comprovata fragilità dell’intero modello virtuale applicando “la strategia dello struzzo”. Lo struzzo, di fonte al pericolo, nasconde la testa dentro la sabbia per risolvere il problema. Come a dire, “non vedo il pericolo quindi non esiste”. 

C’è poi un altro aspetto. 

Negli ultimi 130 anni, il costo della consulenza è sempre rimasto sul 2% del valore dalla transizione. Il sistema “banca”, che ha beneficiato di più, rispetto le altre imprese, dall’introduzione del virtuale e dei computer, non ha riversato il risparmio sul costo del servizio e quindi a beneficio del cliente con un calo dei costi di gestione. 

Da questa drammatica considerazione emerge che il sistema bancario è comunque innovativo, ma lucra sulle differenze a tutto suo vantaggio. Oggi che la redditività di banca si è dimezzata, pur restando in ampio territorio positivo, permane il bisogno di “guadagnare di più” sacrificando il fattore umano.